COME INFORMARE CON CHIAREZZA IN UN SISTEMA SANITARIO SOTTO PRESSIONE, TRA OSPEDALI, PANDEMIA E FORMAZIONE.
INTERVISTA A PIERLUIGI MARINI, PRESIDENTE FONDAZIONE CHIRURGHI ITALIANI
Pierluigi Marini è uno dei volti più autorevoli della sanità italiana, chirurgo di grande esperienza, Presidente della Fondazione Chirurghi Italiani e Presidente onorario dell’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani (ACOI). Durante la pandemia è stato un punto di riferimento per la comunicazione sanitaria, apparendo quotidianamente sui media e guidando il confronto con le istituzioni. “La comunicazione è un elemento determinante nella sanità. Può fare la differenza nel rapporto medico-paziente e persino nell’esito delle cure”, spiega.
In un’epoca in cui il sistema sanitario è sotto pressione, tra carenza di personale, lunghe liste d’attesa e tensioni crescenti nei pronto soccorso, il modo in cui si trasmettono informazioni diventa cruciale per garantire trasparenza, fiducia e una relazione più solida tra cittadini e operatori sanitari.
Dalla gestione delle emergenze alla comunicazione del rischio, dall’importanza del linguaggio medico alla necessità di formare le nuove generazioni di professionisti, in questa intervista affrontiamo con lui le sfide della comunicazione sanitaria e il suo ruolo strategico nella sanità di oggi e di domani.
La comunicazione sanitaria è un elemento strategico nella gestione degli ospedali e nel rapporto con i pazienti. Quali sono, secondo la sua esperienza, le principali criticità nella comunicazione tra il mondo della sanità e i cittadini?
La domanda è molto pertinente. La comunicazione è determinante, e lo è per diversi motivi. Fin da studenti ci insegnano a distinguere tra qualità percepita e qualità reale: la prima dipende dall’idea che il paziente si fa dell’ambiente sanitario e degli operatori, la seconda è quella che noi dobbiamo trasmettere attraverso una comunicazione chiara ed efficace.
Comunicare bene significa valorizzare la struttura sanitaria e il lavoro dei professionisti. Io ho sempre detto che il nostro obiettivo, come medici, deve essere quello di diventare complici dei nostri pazienti, perché abbiamo un obiettivo comune: la guarigione. E anche quando non possiamo garantire un risultato certo, una comunicazione chiara aiuta il paziente ad affrontare meglio il percorso di cura.
C’è poi un altro aspetto fondamentale: la comunicazione è alla base di molte controversie medico-legali. Nella maggior parte dei casi, dietro un contenzioso sanitario c’è un problema di comunicazione tra medico e paziente. In un mondo in cui oggi si comunica in ogni modo possibile e immaginabile, un’informazione chiara e trasparente è essenziale per costruire un rapporto di fiducia tra il paziente e il sistema sanitario.
In ambito chirurgico e ospedaliero, la fiducia del paziente nel sistema sanitario è essenziale. Oggi questo tema è ancora più centrale, considerando i numerosi casi di aggressioni al personale sanitario. Quali strategie possono essere adottate per migliorare la trasparenza e il rapporto tra ospedali, personale sanitario e cittadini?
È necessario investire nella comunicazione e nell’accoglienza. Dobbiamo rendere gli ospedali più accessibili e accoglienti, creando spazi dedicati all’orientamento e all’informazione per i pazienti e i loro familiari.
Un altro elemento cruciale è standardizzare le cure a livello nazionale. Oggi in Italia abbiamo almeno 21 diversi sistemi sanitari regionali, e questa frammentazione genera disparità tra Nord e Sud, alimentando un pregiudizio per cui esistono ospedali di “serie A” e ospedali di “serie B”. Se un paziente percepisce che il proprio diritto alla salute dipende dal luogo in cui vive, nasce un senso di sfiducia che può sfociare in tensioni e aggressività nei confronti del personale sanitario.
Alcune specializzazioni sono ormai considerate a rischio, soprattutto nei reparti di emergenza-urgenza. Oggi sempre meno giovani medici scelgono la chirurgia generale o il pronto soccorso perché li vedono come ambienti ostili e insicuri. Questo problema non si risolve solo con più risorse, ma con un cambiamento culturale, in cui il paziente viene educato a comprendere il valore del lavoro medico e le difficoltà del sistema sanitario.
Le lunghe liste d’attesa aggravano il problema. Un paziente che aspetta sei mesi per un intervento chirurgico arriva in ospedale con una predisposizione negativa, frustrato e arrabbiato con il sistema. Se poi durante il percorso di cura si verifica una complicanza – cosa fisiologica in medicina e ancora di più in chirurgia – il malcontento può sfociare in episodi di violenza verbale o fisica. È un problema sistemico, che sta mettendo in crisi l’intero settore e su cui le istituzioni devono intervenire con urgenza.
Durante il periodo dell’emergenza COVID, la gestione della comunicazione ha fatto la differenza nella percezione e nella risposta della popolazione. Quali sono stati gli aspetti più importanti nella comunicazione sanitaria in un contesto di crisi come quello?
Durante la pandemia, ho avuto un ruolo attivo nella comunicazione, cercando sempre di evitare la spettacolarizzazione. Uno dei grandi problemi del COVID è stato l’eccesso di comunicazione emotiva, con numeri lanciati senza un’adeguata contestualizzazione e scenari apocalittici che hanno generato più panico che consapevolezza.
La comunicazione sanitaria, specialmente in situazioni di emergenza, deve basarsi su dati certi e verificati. Bisogna informare senza creare allarmismi, utilizzando un linguaggio chiaro e accessibile. Durante il COVID, ho insistito molto su questo punto, portando numeri reali sugli interventi chirurgici annullati e sulle ripercussioni della pandemia sui pazienti oncologici.
Ricordo ancora il lavoro straordinario che ho svolto con Giovanni Bartoloni, un giornalista eccezionale e un grande amico, purtroppo vittima del COVID. Grazie alla sua professionalità, siamo riusciti a trasmettere informazioni affidabili e concrete, contribuendo a fare chiarezza in un periodo di enorme confusione.
Durante la pandemia, in qualità di Presidente ACOI, è stato un punto di riferimento nella comunicazione sanitaria, apparendo quotidianamente sui media e dialogando con le istituzioni. In quel periodo, il suo nome è stato anche indicato tra i possibili Ministri della Salute del Governo Conte II. Quanto è stato determinante, in un momento così critico, comunicare in modo chiaro e autorevole?
È stato fondamentale, sia verso i pazienti che verso le istituzioni.
Dal punto di vista clinico, ho operato tutti i giorni durante la pandemia, cercando di trasmettere il messaggio che noi medici eravamo presenti, nonostante le difficoltà e le restrizioni. Era importante far capire che, pur in un contesto drammatico, la sanità italiana stava facendo di tutto per garantire l’assistenza ai pazienti chirurgici.
A livello istituzionale, ho lavorato per creare un dialogo costante con le autorità sanitarie, cercando di evitare che il blocco delle attività ospedaliere causasse danni irreparabili ai pazienti non COVID. Ho insistito molto sulla necessità di ridurre l’impatto della pandemia sulle liste d’attesa, perché sapevo che avremmo pagato un prezzo alto negli anni successivi. Oggi vediamo gli effetti di quel periodo: liste d’attesa ingestibili e difficoltà nel recuperare il ritardo accumulato.
Sul piano personale, nell’estate del 2020 si parlava molto di me come possibile Ministro della Salute. Ogni giorno uscivano articoli in cui venivo indicato tra i candidati. Alla fine, sono rimasto al mio posto, e sinceramente credo di essere più utile continuando a lavorare sul campo e a rappresentare il mondo della chirurgia nei tavoli istituzionali.
Il ruolo del medico è cambiato anche dal punto di vista comunicativo. Quanto è importante oggi formare i chirurghi e i professionisti sanitari, soprattutto i più giovani, a una comunicazione più chiara ed efficace con i pazienti e con il pubblico?
La comunicazione è centrale nella pratica medica. Lo vediamo chiaramente nel contenzioso medico-legale: molti casi nascono da incomprensioni, non da errori clinici.
Per questo, ho più volte proposto l’introduzione di un esame universitario e di un corso obbligatorio di comunicazione nei percorsi di specializzazione. Oggi, con una società sempre più complessa e con pazienti sempre più informati – o disinformati – comunicare in modo chiaro e corretto è essenziale.
Dal momento della diagnosi alla definizione del percorso di cura, fino agli esiti degli interventi, la comunicazione non è solo un elemento accessorio, ma un pilastro della relazione medico-paziente.
Questa rivista è dedicata a una persona speciale, Giovanni Bartoloni, che ha lasciato un segno indelebile nel mondo della comunicazione e continua a essere un punto di riferimento per molti professionisti del settore. Qual è il suo ricordo di lui e quale eredità ha lasciato?
Giovanni mi commuove ogni volta che lo ricordo. È stato un grande giornalista, un grande amico e un grande uomo.
Era un riferimento costante nelle mie attività scientifiche e istituzionali, una persona di straordinaria onestà intellettuale, sempre disponibile e capace di trovare la chiave giusta per comunicare nel modo corretto. Con lui ho realizzato tante cose importanti, e la sua perdita è stata un dolore immenso. Mi manca, mi manca tantissimo.